Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel
Diego Penocchio avrebbe evaso almeno un milione di euro nell’arco dei dodici mesi in cui è stato alla guida del Calcio Padova. Non solo: l’indagine condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura della Repubblica avrebbe portato a riscontri positivi, sempre sul conto dell’imprenditore bresciano, per quanto riguarda l’ipotesi di accusa relativa ad un altro reato di natura fiscale, la distrazione di fondi. Se così fosse, la posizione dell’ex numero uno biancoscudato si aggraverebbe sensibilmente. I controlli incrociati. Nessuno degli inquirenti ha allentato la presa sul club e sulla sua “allegra” gestione nel campionato di serie B 2013/14, chiuso con la retrocessione in Lega Pro e con un pesante deficit nei conti, al punto da impedire poi alla proprietà di iscrivere la squadra in terza serie, non essendo stata in grado di reperire gli oltre 2 milioni necessari per pagare giocatori, tecnici e dipendenti (mancavano loro gli stipendi da marzo a giugno compreso) e garantire la fidejussione bancaria richiesta per avere il via libera dagli organi federali competenti.
L’indagine sull’Ac Padova 1910 e sui suoi vertici – oltre a Penocchio, un avviso di garanzia ha raggiunto l’a.d. Andrea Valentini – era stata avviata dal Pm Benedetto Roberti nella primavera dell’anno scorso, contestando ai due dirigenti la violazione dell’articolo 2638 del codice di procedura civile (“essere stati di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza”). Il sospetto, ma a questo punto si può parlare di qualcosa di più concreto, era che il Padova fosse sotto il controllo diretto del Parma, di cui Penocchio era stato vice-presidente sino a marzo 2013, mentre Valentini era rimasto comunque legato agli emiliani, dato che era a capo della Sts, società che curava (e cura ancora) la gestione dello stadio Tardini e del centro sportivo di Collecchio. Ma, al di là degli intrecci fra i club, è il modo in cui è stata amministrata la Spa di viale Nereo Rocco dopo la cessione del pacchetto azionario da Cestaro a Penocchio, concretizzatasi a fine giugno 2013, ad aver attirato l’attenzione delle Fiamme Gialle. Che avrebbero registrato delle anomalie nella contabilità.
All’inizio del campionato Penocchio avrebbe potuto contare su queste entrate: 1) 3.3 milioni della sponsorizzazione Famila da parte della Unicomm; 2) 4.5 milioni di mutualità dalla Lega di serie B (poi ridotti a 3.7-3.8 in seguito al “congelamento” di 700 mila euro imposto dal Tribunale di Padova per la causa intentata contro la società dall’ex d.g. Gianluca Sottovia); 3) 1.5 milioni di prestito dal Credito Sportivo; 4) 1 milione di introiti fra abbonamenti e biglietti venduti per le partite. Il “buco”. Possibile che, alla fine della giostra, il deficit sia lievitato da 6 milioni qual era a giugno 2013 – a cui poi si è scoperto andavano aggiunti gli oltre 4 del rimborso finanziamento soci che Cestaro si era fatto, prima di vendere, prelevandoli dalle casse della società – a quasi 14, così come confermato ora dal nuovo titolare dell’inchiesta, il Pm Marco Peraro? Dove sono finiti quei milioni, se poi è affiorato un “buco” di ulteriori 4 milioni, per arrivare al totale di quasi 14, appunto? In Procura le bocche sono cucite, ma il fatto che il Comune possa presentare istanza di fallimento, se non ci sarà al più presto il piano di rientro del debito, viene ritenuto una mossa importante. La magistratura cura gli interessi dell’Erario, che avanza tanti soldi: solo per il 2013 siamo sopra ai 2 milioni. In più c’è tutto il 2014 da calcolare. E se dopo Pasqua anche il Pm chiedesse il fallimento? L’ipotesi non è per nulla campata in aria. Parma docet.