Crac Padova, “Mattino”: “Assente il piano di rientro, il sindaco Bitonci pronto a presentare istanza di fallimento”

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Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel

Dov’è il piano di rientro dei debiti accumulati dal Calcio Padova 1910, annunciato nell’atto, depositato presso la sezione fallimentare del Tribunale l’11 febbraio scorso, con cui l’ex società biancoscudata rinuciava al concordato preventivo nei confronti degli oltre 100 creditori che aspettano di essere pagati? Sono trascorsi un mese e cinque giorni (con oggi) da quando il collegio di magistrati (composto da Maria Antonia Maiolino, presidente, Manuela Elburgo e Caterina Zambotto) ha preso atto del cambio di strategia scelto dalla vecchia proprietà, e comunicato dagli avvocati Marco Orizio e Stefano Vergano di Brescia e Fabio De Blasio di Padova, e non c’è traccia di nulla.Nel documento presentato ai giudici, dopo la comunicazione del ritiro dell’istanza di concordato, si auspicava di «poter depositare quanto prima possibile istanza di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis legge finanziaria, nel tempo strettamente necessario a consentire l’accordo con l’Istituto per il Credito Sportivo e con Unicomm srl». Il “prima possibile” sta forse diventando “il più tardi possibile”? Irritazione a Palazzo. La mossa di metà febbraio sembra infatti acquistare, con il passare dei giorni, un senso preciso: trovato l’accordo con l’avvocato bolognese Mattia Grassani e con la società vicentina Ni.Pa Broker, che avevano chiesto il fallimento della Spa di viale Nereo Rocco, si è imboccata la strada di un’intesa privata con i creditori, convinti di trovare alla fine la quadra su tutto. Ovviamente con tempi più… dilatati, senza la spada di damocle sulla testa dei 60 giorni da rispettare per la presentazione del ricorso al concordato dopo aver ottenuto tale proroga a metà dicembre.

Scongiurato tale rischio, il silenzio che ne è seguito è sembrato significativo al riguardo: meno si parla del vecchio Padova e meglio è. Ma non la pensano così a Palazzo Moroni, dove in queste ore Massimo Bitonci ed il suo staff starebbero meditando un’azione clamorosa, visto e considerato che l’amministrazione municipale avanza poco più di 300 mila euro dal club sparito l’estate scorsa dal calcio professionistico italiano: presentare, a firma del primo cittadino, una (nuova) richiesta di fallimento. Ieri il sindaco ne ha discusso con il capo di gabinetto Andrea Recaldin e ha domandato un parere anche ai legali dell’Ente municipale. Avrebbe rotto gli indugi – questa l’indiscrezione – perché irritato proprio dal silenzio seguito all’incontro con un emissario di Penocchio il mese scorso. Emissario che gli si era presentato davanti con un preciso mandato: il debito con il Comune poteva essere estinto con la restituzione del logo e del titolo sportivo alla città, valutazione intorno ai 70-80 mila euro, più attrezzature, macchinari della sede e altro materiale, e la differenza sarebbe stata saldata con l’esborso di denaro. A tale proposta, redatta su carta, il sindaco ha apposto la sua firma, ma dopo quella visita non si è più fatto vivo nessuno dell’Ac Padova 1910. Per illustrare modalità e tempi relativi al pagamento. Ecco spiegato il motivo per cui Bitonci vuole vederci chiaro, ed è evidente che, se il Comune dovesse intraprendere le vie legali, la situazione per Penocchio (e Cestaro, suo socio sino a fine 2013) precipiterebbe. Il fallimento rappresenterebbe una jattura, avendo rinunciato, appunto, al concordato.

Dopo mesi di silenzio, giustificati anche dalla necessità di capire quali contromosse, sul piano civile, avrebbe adottato il vecchio gruppo dirigente, l’indagine della Procura della Repubblica e della Guardia di Finanza su Penocchio e Valentini, raggiunti da avvisi di garanzia nel giugno scorso per violazione dell’articolo 2638 del codice di procedura civile (“essere stati di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza”) , registra novità importanti. Pur nel riserbo strettissimo che circonda l’operato degli uomini del Comando provinciale di via San Fidenzio, l’attenzione degli inquirenti si sarebbe concentrata su nuove ipotesi accusatorie, sempre nei confronti di Penocchio e Valentini: reati di natura fiscale. I dati incrociati e soprattutto le carte sequestrate nelle perquisizioni di 10 mesi fa avrebbero fatto emergere parecchie incongruenze nella gestione. Ricordiamo che, a partire da marzo 2014, il Padova non pagò più nessuno, per cui tecnici e giocatori ancora oggi avanzano 4 mesi di stipendio (se l’accordo sulla ristrutturazione venisse depositato, sarebbero tra i creditori privilegiati). Ma sono decine le persone che aspettano una soluzione positiva, tra ex dipendenti, fornitori di servizi e imprenditori che, in qualche modo, hanno collaborato con la società biancoscudata. Senza contare l’Erario.

A questo punto, è importante capire come si comporterà la Unicomm, dunque il suo proprietario. L’accordo auspicato dagli avvocati di Penocchio, se ci sarà, riporterà il cavaliere di Schio alla ribalta, ma con l’obbligo di tamponare le falle apertesi nella nave, poi arenatasi. Il deficit accertato supera i 13 milioni di euro, con il piano di ristrutturazione si potrebbe scendere a 6, massimo 7. Ma la domanda è lecita: sarà solo il colosso della grande distribuzione di Dueville ad accollarsi l’onere di mettere ogni cosa a posto ed evitare così il crack? Cestaro a parole dice di non volerne sapere, ripete un giorno sì e uno sì che le responsabilità sono di Penocchio e dei suoi collaboratori, eppure la realtà è che, essendo stato al fianco dell’imprenditore bresciano per sei mesi dopo la cessione della società, tocca pure a lui farsi carico dei debiti contratti. E non si può permettere, in un momento delicato come l’attuale anche per il suo gruppo, di rischiare un’accusa di bancarotta. Ci sono migliaia di famiglie in ballo, per cui è meglio pagare e chiuderla lì. Ma se manca l’intesa con Penocchio, il quadro si complica. Il titolo sportivo. Ultima annotazione: se il Comune, indipendentemente dall’azione legale che intraprenderà o meno, tornerà in possesso del nome ufficiale e dello scudo biancoscudati, ne resterà proprietario. L’idea di Bitonci, già annunciata qualche mese fa, è di darli in comodato d’uso, di stagione in stagione, alla nuova dirigenza, sottoscrivendo con essa un preciso impegno. Insomma, un patrimonio della città che deve restare nelle mani della massima istituzione, il Comune, a garanzia dei padovani.




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