Fonte: Corriere del Veneto, Dimitri Canello
Non guarda una partita (in tv e dal vivo) da due anni: «E ne vado fiero, questo non è il mio calcio. Il calcio dei Balotelli e dei Cassano tenetevelo voi…». Spulciando gli almanacchi, del resto, sembra passata una vita. Da «quel» calcio, quello di Felice Centofanti, classe 1969, che nel 2002-2003, da difensore con licenza di colpire a rete, faceva impazzire con i suoi gol una città depressa dopo la retrocessione in C2. Protagonista assoluto della promozione dalla C2 alla C1 (15 reti in 30 partite), Centofanti su un campo di calcio era quello che George Best definiva «gioia, allegria e un attimo di follia». Sportivamente si pensava sarebbe stato il punto più basso della storia del Padova e invece, purtroppo, tempo di avanzare di un decennio o giù di lì e l’incubo è riapparso. Persino peggiore. Retrocessione, scomparsa dal calcio professionistico, ripartenza da zero e dai campi della serie D per ritrovare l’orgoglio perduto. Squadra nuova, società nuova, giocatori nuovi. Di uguale, rispetto al passato, ci sono solo i tifosi, che non hanno mai fatto mancare il proprio appoggio alla squadra.
Centofanti, segue ancora il Padova?
«Come spiegavo, non guardo più una partita in tv o dal vivo da due anni. E sono fiero e orgoglioso della mia scelta, anche perché questo calcio non mi manca per nulla. Ma per il Padova un’eccezione la faccio volentieri».
Mai tornato a Padova?
«A Padova e soprattutto ad Abano Terme, dove ho abitato per cinque anni, ho lasciato tanti amici, per questo ci ritorno non appena posso. Per quanto riguarda la squadra, le partite non le guardo ma sono informatissimo e i risultati li conosco molto bene. E sono convinto che il Padova tornerà in Lega Pro».
Cosa non le piace del nuovo calcio? «E’ un calcio di personaggi squallidi e di gente senza scrupoli che pensa solo a gonfiarsi il portafoglio. Sul campo, poi, la qualità è talmente scadente che se togliessi il pallone nelle categorie inferiori alla serie A, nessuno se ne accorgerebbe. Corrono tutti, ma di qualità non ce n’è più».
Il Padova è scomparso nello scorso luglio dal calcio «pro». Che idea si è fatto della vicenda?
«Non conosco tutte le storie che ci sono dietro quello che è successo. Dico solo che finché c’è stato Cestaro non ci sono stati problemi, quando è andato via è crollato tutto».
A Parma sta succedendo qualcosa di simile…
«A Parma sono convinto che a Ghirardi abbiano fatto il gioco delle tre carte e che alla fine gli sia sfuggito tutto di mano. E torniamo al discorso che ho fatto prima».
Possiamo definirlo un calcio senz’anima?
«Il mio calcio è quello di Baresi, Gascoigne, Di Livio, Nunziata, Roberto Baggio. Quello di George Best, magari quello mio. Ma di gioia, allegria e di un attimo di follia sinceramente non ne vedo più».
Padova e la sua tifoseria hanno riscoperto l’entusiasmo, con 6000 tifosi per una partita di serie D.
«Ai miei tempi non è stato così. La città era depressa, c’era una cappa di delusione incredibile dopo la retrocessione in C2, allo stadio venivano in pochi. Li abbiamo riportati a tifare con i risultati».
E di questa società che cosa ne dice?
«Che i risultati non arrivano mai per caso. Quindi…».