Italia, la favola di Franco “El Mudo” Vazquez: dal Palermo alla Nazionale, passando per Padova…

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Fonte: Mattino di Padova, Stefano Volpe/Gazzetta dello Sport, Fabrizio Vitale

Franco Vazquez non è solo italiano. È proprio veneto, e parla anche il dialetto. Anzi, per la precisione, il dialetto lo capisce soltanto per tener fede al suo soprannome, quello di El mudo, il muto, affibbiatogli quando era un ragazzino piuttosto taciturno. Sono ben solide le radici padovane di uno dei giocatori-rivelazione del campionato di calcio di serie A, il 26enne fantasista del Palermo, nato a Tanti, in Argentina, da mamma italiana. Mamma che, nonostante viva in Sudamerica da più di 50 anni, ha sempre voluto mantenere la cittadinanza italiana e l’ha tramandata al figlio, che nei giorni scorsi ha rotto gli indugi, scegliendo la Nazionale azzurra. Al punto che sembra scontata la prima convocazione del Ct Conte per gli impegni del mese prossimo nelle qualificazioni europee. «Per me sarebbe un onore vestire l’azzurro, mia mamma è padovana e molti miei parenti vivono a Padova», ha confessato il giocatore. Ecco perché siamo andati a ricercare le origini del fenomeno Vazquez, imbattendoci in una delle tante storie di emigrazione del dopoguerra.

Siamo nel 1960 quando Giuseppe Bianconi, dipendente di una ditta energetica che fa affari con il Sudamerica, dopo uno dei tanti viaggi dall’altra parte del mondo, decide di prendere armi e bagagli e portare la famiglia a Villa Carlos Paz, in provincia di Cordoba. Lascia la casa padovana di via Bertacchi assieme alla moglie Lucia Guarotto e alla figlia Marina, di pochi mesi. A Carlos Paz fonda un’azienda meccanica e mette radici, facendo nascere gli altri 5 figli. Solo Marina, che si sposerà con Oscar Vasquez, è nata in Italia, ma il legame con il Belpaese non si è mai spezzato, come confermano i parenti rimasti in Italia.

«Siamo sempre in contatto con zia Lucia e zio Bepi», spiega Tiziano Rossini, 57enne cugino di Marina che ora vive ad Albignasego. «Noi, assieme agli altri cugini, siamo i parenti più stretti rimasti in Italia e ci vediamo almeno una volta l’anno, a Padova o in Argentina. A casa Bianconi si sono mantenute le tradizioni venete e si è sempre parlato l’italiano, oltre al dialetto». Franco, tra l’altro, è italiano anche dal ramo paterno (la nonna è italiana) e il padre ora gestisce l’azienda fondata da nonno Bepi. «Se non avesse scelto la maglia azzurra, la madre l’avrebbe bastonato», scherza Tiziano. «Siamo molto orgogliosi della sua decisione. È cresciuto tanto ed è un ragazzo serio e umile». L’ultima volta in cui Franco è stato a Padova risale alla scorsa estate, dopo il ritiro estivo del Palermo. E dai parenti ha portato anche un amico, il compagno Dybala. I due sono usciti assieme al trentenne figlio di Tiziano, Alessio, che spiega: «Due ragazzi semplici, tranquilli e di compagnia. Non si atteggiano per nulla a divi, non sembrano nemmeno calciatori. Io non seguivo il pallone, ma Franco mi ha fatto appassionare e ora non mi perdo una sua partita. Qui tifiamo tutti per lui».

L’azzurro, finora, è stato nel suo destino. Per il futuro può essere soltanto un fatto di gradazioni. Da quello tenue del Napoli alla tinta più forte della Nazionale, c’è tutta la parabola di Franco Vazquez. Contro i partenopei ha esordito in Serie A al suo arrivo in Italia tre stagioni fa, mentre quest’anno con due gol tra andata è ritorno è stato la bestia nera degli uomini di Benitez. Per un argentino, poi, una vittoria sul Napoli ha sempre un sapore particolare. «Dici Napoli e pensi a Maradona che lì è stato un dio – dice El Mudo (il suo soprannome, significa il muto) – Fa un certo effetto vincere contro quei colori anche per questo. Segnare sia all’andata che al ritorno, poi, è stato bellissimo. Per il Palermo è stata una vittoria importantissima perché volevamo riscattare la sconfitta con l’Inter. Sì, in effetti, il Napoli mi porta bene».

Visto che con l’azzurro ha un buon feeling, pensa di mantenerlo anche con la Nazionale italiana?
«Ho sempre detto che per metà mi sento italiano, mia madre è di Padova e molti miei parenti vivono li, per me sarebbe un onore».

Conte l’ha già chiamata. Che le ha detto?
«In realtà Conte l’ho visto soltanto quando è venuto a trovarci a Boccadifalco, poi non l’ho più sentito (ride, ndr)».

Allora ci dica che ne pensa del c.t.
«Per me è uno dei migliori allenatori al mondo. Non si vincono tre scudetti di fila per caso. Mi ricorda molto Iachini, anche lui vuole un calcio fatto d’intensità, qualità e bel gioco. Poi, trasmette una carica incredibile, proprio come il nostro tecnico».

Nell’Italia dove si vedrebbe meglio? In attacco con Zaza o anche a centrocampo con Pirlo e Marchisio?
«Penso di essere più utile in attacco, però se Conte mi chiedesse di giocare a metà campo non avrei problemi. L’ho fatto nel Palermo, figuriamoci se non potrei farlo in Nazionale».

Con Zaza pensa di ripetere le meraviglie fatte con Dybala?
«Sarebbe fantastico. Sono due attaccanti molto forti, anche se sono diversi. Zaza è più centravanti, Paulo è una punta di movimento che arretra molto per dialogare con i centrocampisti e sa svariare su tutto il fronte d’attacco».

Conte era in tribuna a San Siro quando avete perso con l’Inter. Quella sera non si è visto il solito Vazquez. La presenza del c.t. l’ha un po’ condizionata?
«Non sapevo nemmeno che fosse lì, me l’hanno detto a fine gara. Non sono uno che legge molto. Comunque è stata una gara sfortunata in certi episodi. Inoltre, abbiamo affrontato una squadra che ha dimostrato di essere più forte».

A marzo l’Italia giocherà a Sofia con la Bulgaria per le qualificazioni agli Europei. Si sente pronto?
«Magari, non vedo l’ora».

Finora ha segnato 7 gol, fornito 8 assist e colpito 7 volte i legni. Se invece di centrare pali e traverse avesse fatto centro, avrebbe superato Dybala. Ci sta facendo un pensierino?
«No, per niente. Anzi vorrei che Paulo continuasse a segnare il più possibile perché se lo merita. A me piacerebbe arrivare in doppia cifra. Sarebbe un bel traguardo».

Col Napoli ha eguagliato anche il suo record personale di reti realizzato con la maglia del Belgrano. E’ stata una davvero serata speciale.
«Sì, anche perché in tribuna oltre alla mia fidanzata c’era mia madre. È venuta a trovarmi e mi ha portato fortuna».

Che ne pensa mamma Marina della possibilità di vestire l’azzurro?
«È contenta, però mi ha detto sempre di fare quello che reputavo meglio per me. Non mi ha dovuto convincere».

Dybala non ha rinnovato e a giugno andrà via. Visto il vostro legame dentro e fuori dal campo c’è il rischio che lei cada in depressione?
«Ma no, posso solo essere felice per lui, sta facendo un campionato strepitoso, approdare in una big sarebbe il giusto riconoscimento dopo questa stagione. Per il futuro siamo a posto: c’è Andrea Belotti che è un grande attaccante. Il sostituto lo abbiamo già in casa».

Lei invece ha rinnovato. Per restare a Palermo?
«Ho rinnovato perché sono molto legato a questo club e perché qui sto davvero benissimo. Quello che accadrà in futuro dipende anche dalla società e dal tipo di richieste che potranno arrivare. Mi piace però molto l’idea di poter diventare un giocatore simbolo di questa squadra».

Se l’anno scorso le avessero detto che sarebbe diventato uno dei giocatori rivelazione della Serie A, che avrebbe pensato?
«Che mi stavano prendendo in giro, anche se ho sempre lavorato tanto per il mio bene. Soprattutto in quei sei mesi vissuti fuori lista. Credo che quel periodo sia stato utile per la mia crescita, e oggi sto raccogliendo i frutti».

Nel Palermo si continua a parlare di salvezza, non sarebbe più giusto a questo punto pensare all’Europa League?
«Abbiamo le potenzialità per provarci, ma prima dobbiamo passare dalla salvezza. Però per puntare all’Europa dobbiamo vincere anche in trasferta, ci vuole il salto di qualità. Ci proveremo già con la Lazio».




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