Crac Padova, “Mattino”: salta il concordato preventivo, Calcio Padova ancora a rischio fallimento?

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Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel

Come volevasi dimostrare. Il Calcio Padova 1910, quello che è scomparso dalla scena del professionismo, pur restando ancora affiliato alla Figc, non andrà al concordato preventivo, ritornando così di fatto alla situazione di giugno 2014, quando era parso chiaro che i debiti accumulati avrebbero messo in evidente difficoltà la proprietà (Iniziative Euganee di Diego Penocchio, titolare delle 200 mila azioni della Spa di viale Rocco) al punto da pregiudicarne il proseguimento dell’attività agonistica. Quando tutto sembrava incanalarsi verso lo sbocco più logico – un accordo con il 60% dei creditori tale da giustificare la domanda di ammissione alla procedura di concordato, avanzata al Tribunale a metà ottobre, e sulla base della quale a metà dicembre era stata concessa una proroga di 60 giorni – a sorpresa mercoledì 11 febbraio gli avvocati Fabio De Blasio di Padova, Marco Orizio e Stefano Vergano di Brescia hanno depositato presso la sezione fallimentare dello stesso Palazzo di Giustizia un atto di rinuncia della società al ricorso. Al collegio dei giudici, presieduto dalla dottoressa Maria Antonia Maiolino e composto dalle colleghe Manuela Elburgo e Caterina Zambotto, non è rimasto altro da fare, il giorno dopo, che prenderne atto e non considerare più tale percorso. La partita con il Tribunale civile si è così chiusa, in attesa di iniziarne un’altra dall’esito tutt’altro che scontato. Perché, giunti a questo punto, è evidente che basta che qualcun altro, fra i tanti creditori che non hanno trovato l’intesa con la società, presenti istanza di fallimento per aggravare sensibilmente la posizione di Penocchio e del suo ex socio Marcello Cestaro (uscito ufficialmente dal Padova all’inizio del 2014), con il rischio di vedersi affibiare un’accusa, pesantissima, di bancarotta.

Perché il dietrofront. La sensazione emersa in queste ore, dopo la clamorosa decisione di di non andare più avanti su quella soluzione, è che il ricorso per l’ammissione al concordato sia servito a guadagnare tempo. Ma qualcosa, tuttavia, non è andato come Penocchio e Andrea Valentini, gli unici due indagati nell’inchiesta aperta nel giugno scorso dalla Procura della Repubblica insieme alla Guardia di Finanza, avevano preventivato: perché se è vero che era stata raggiunta l’intesa con il 50% dei creditori, è mancata all’ultimo momento quella con il Credito Sportivo, che avrebbe consentito di superare la soglia del 60% richiesta per legge per ottenere il “via libera” al concordato. Adesso l’Acp 1910 rischia di nuovo il fallimento, sebbene i legali della società, nell’atto di rinuncia al ricorso presentato in Tribunale, annuncino che verrà presentato un piano di ristrutturazione del debito di cui si chiederà l’omologazione in Tribunale. I presupposti, tuttavia, sono diversi: serve il consenso di almeno il 60% dei creditori e tale accordo deve essere asseverato da un professionista, contemplando il pagamento integrale anche di chi, fra coloro che avanzano soldi, non vi partecipa. Un percorso assai rischioso, e che non è detto sia coronato da successo. È importante sottolineare come, nella documentazione prodotta ai giudici, la proprietà spieghi il motivo per cui non sia stato possibile presentare l’accordo con la maggioranza dei creditori nei tempi concessi (difficilmente il Tribunale avrebbe accordato una seconda proroga dopo quella del 15 dicembre): non c’è stato il via libera dal Credito Sportivo e dalla Unicomm srl.

Solo una questione di mancate firme o c’è dell’altro? Ad esempio, visto che per la prima volta viene citato il Gruppo di Dueville (e dunque sarebbe Cestaro a farsi carico del ripianamento del debito, dato che Penocchio non ha i mezzi economici per far fronte all’ingente deficit), è possibile che il cavaliere con i suoi famigliari voglia vederci chiaro, per non incorrere in risvolti penali? Se Penocchio è riuscito a far rientrare l’istanza di fallimento dell’avvocato Mattia Grassani (che vi ha rinunciato solo l’11 febbraio) e quella presentata dalla società vicentina Ni.Pa Broker srl (che ha depositato l’atto di desistenza il 6), accordandosi con entrambi per il pagamento, non ce l’ha fatta in ogni caso a restare dentro i tempi concessigli. Dunque, si riparte daccapo. Palla alla Procura. Continuano così ad esserci sorprese in questa vicenda, che ricorda per molti versi, nel suo piccolo, quanto sta accadendo al Parma (e non a caso i due indagati avevano rapporti anche con il club ducale). Ad esempio, salta fuori questo debito con il Credito Sportivo di cui nessuno sapeva nulla. Fondi richiesti, ed ottenuti, a che scopo? Il trait d’union, ovviamente, era Valentini senior, a.d. del Calcio Padova e presidente dell’istituto romano dal 2002 al 2005. A quanto ammonti tale debito non è dato sapere, ma qualcuno ipotizza che i soldi richiesti (più di un milione di euro?) potrebbero essere serviti a finanziare i lavori della palestra al Centro Sportivo di Bresseo e alla gestione dei campi da gioco dell’impianto. Ricordiamo che proprio Valentini tentò inutilmente di convincere il sindaco di Teolo, Moreno Valdisolo, a chiedere un prestito al Credito Sportivo per la realizzazione di un terreno di gioco in erba sintetica. Sollecitazione a cui il primo cittadino del comune collinare rispose picche. Vedremo, dunque, come Penocchio e Cestaro cercheranno di ripianare i debiti, che ammonterebbero ad oltre 13 milioni di euro. E si attendono anche le prossime mosse della Procura: il Pm Marco Peraro aspetterà ancora o chiederà lui stesso, per conto dello Stato, maggior creditore, il fallimento della Spa biancoscudata?




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