Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia
Ci sono otto attaccanti a contendersi due o tre posti, e poi c’è lui, il titolare inamovibile: un giovanotto che tra un mese (il 5 marzo) compirà 37 anni e che, grazie al Padova, ha ritrovato la freschezza, ma soprattutto la voglia di giocare, di quand’era un ragazzino. Capocannoniere con 11 reti, sempre presente in campo tranne che a Sacile (per squalifica) e mai in discussione. Alla vigilia della gara contro il Mori sembrava che Parlato potesse concedergli una domenica di respiro e sostituirlo sulla trequarti con Zubin. Non sia mai: fuori Ferretti e Amirante, Zubin davanti, e lui lì, sempre al suo posto. Una stagione così esaltante probabilmente nemmeno Marco Cunico se l’immaginava. «Dopo aver parlato con il mister e il direttore sportivo quest’estate, avevo delle aspettative precise, non lo nego», confessa il capitano biancoscudato. «L’aspettativa principale è sempre stata quella di giocare il più possibile, quindi diciamo che, più che aspettarmelo, ci speravo. Per ora si sta realizzando, il mio obiettivo è portarlo avanti fino a fine stagione». Quest’annata rappresenta per lei una seconda giovinezza? «Dal punto di vista realizzativo sicuramente sì. Era da qualche anno che non segnavo così tanto, per vari motivi: a Marano l’anno scorso ho giocato poco, l’anno prima, pur giocando, non sono riuscito a buttarla dentro così tanto, i due anni precedenti ero piazzato davanti alla difesa. Oggi, è vero, sto segnando con continuità, anche se…».
Non è ancora soddisfatto? «Per assurdo penso che, se un trequartista fa tanti gol, vuol dire che non fa bene il trequartista. Non è bello che un giocatore che deve stare dietro le punte arrivi a 20 gol, non mi dispiacerebbe affatto toccare quella cifra, ma quando dico che non ci do peso più di tanto, intendo proprio questo: vado in campo per essere dentro con la testa, e giocare bene. Il gol non è il mio pallino». Dopo quanto accaduto l’anno scorso, le è capitato di pensare ad un passo indietro? «Ho riflettuto tanto quest’estate, sino a quando il Padova non ha bussato alla mia porta: mister Parlato, il ds De Poli, nuove responsabilità importanti per me, si sono rivelati una coincidenza perfetta. Avevo bisogno di queste cose, di nuovi stimoli che l’anno scorso non c’erano stati». E se non ci fosse stato il Padova? «Non so dove sarei oggi, sinceramente non so se giocherei ancora. Per come sto, per come mi vedo adesso, sarebbe facile dire di sì: la realtà è che, se sto così, è perché la testa si è rimessa a lavorare in un certo modo». In che senso? «L’anno scorso la voglia di giocare mi era un po’ scemata: ero sceso di due categorie e mi ero reso conto che venivo poco considerato, nonostante avessi tanta voglia di ritagliarmi un mio spazio, oltretutto vicino a casa».
«Dopo l’anno scorso, non sarei stato in grado di scendere in un campionato “x”, a lottare per la salvezza in D, solo per il gusto di giocare. Forse in futuro potrei anche pensarci, perché l’entusiasmo di quest’anno, se finisse bene, potrebbe anche farmi tornare la voglia di giocare». Per ora si gode il primato di gol. Il suo record, 18 reti, risale a 12 anni fa col Portogruaro: le piacerebbe batterlo? «Mi piacerebbe prima di tutto ripetere quel campionato dal punto di vista della squadra: vincemmo la serie D arrivando primi, e fummo promossi in C/2. Arrivare a 19-20 gol oggi la vedo dura. Ma proviamoci…». La D di allora, stagione 2003/2004, assomiglia a quella di adesso? «Era diversa, più competitiva: c’erano parecchie squadre di medio-alta classifica, andando in giro capitava di mangiarsi qualche punto a vicenda e non era un dramma se ogni tanto non giungeva la vittoria. La serie D attuale è davvero un campionato a due, ha un andamento molto anomalo, ma non possiamo farci niente».