Fonte: Giornale di Vicenza
«Innanzitutto mi faccia ringraziare chi è venuto allo stadio. Vedere tanta gente (il dato ufficiale parla di 4.800 persone sugli spalti) è stata una emozione bellissima. Sarebbe bello avere questi numeri sempre. In attesa di farli magari in Lega Pro, mi auguro di rivedere il “Dei Fiori” ancora così pieno». Il giorno dopo il successo contro Padova sono ancora brividi forti per Rino Dalle Rive, presidente dell´Altovicentino. In effetti, a pensarci bene, non è cosa di tutti i giorni che due società di neppure un anno di vita – entrambe nate nell´estate del 2014, la prima da una fusione, i patavini dopo un fallimento – spostino così tanti tifosi. E senza problemi di ordine pubblico, a parte quei 5 botti fatti esplodere dagli ospiti dalle parti della panchina di Zanin e che potrebbero costare la squalifica dell´Euganeo. A proposito, si dirà che quel “Biancoscudati” è solo un´aggiunta necessaria al nome e al blasone della città, ma senza abbandonare il girone, Trieste insegna che non sempre fallire significa rinascere. Come pure va sottolineato che non sempre i matrimoni calcistici portano in dote anche i tifosi. Anzi, spesso li fanno perdere. Ed allora meglio goderseli ancora un giorno questi numeri, assieme alla soddisfazione di un pomeriggio tutto sommato tranquillo. «Cori e sfottò fanno parte del gioco, certo loro meritavano il pari per quanto hanno fatto, hanno giocatori importanti che cercano sempre di condizionare l´arbitro, segno che hanno grande esperienza. Però, al di là della bravura di Di Filippo, sull´1 a 0 potevamo chiuderla sfruttando le ripartenze che invece abbiamo sprecato». Si tiene stretto il successo, Dalle Rive, e fa bene, perchè in sfide così conta solo una cosa: vincere. «Ho letto le dichiarazioni di Marco Cunico ma – ride – non me la dà a bere. Lui è un guerriero, la sconfitta gli brucia forte, altro che “giocando bene si vince”. Lo capisco, lui e Ferretti volevano la vendetta, anche se Gustavo mi ha un po´ indispettito per come si è comportato in campo». Gente che va, gente che viene e talvolta ritorna. O, come Emil Zubin, che scompare dai radar nel giorno della battaglia: «Se non lo ha portato in panchina probabilmente non era in condizione. Io insisto con i miei addetti ai lavori che servono un altro paio di innesti per essere molto forti, Padova ha ancora qualcosa in più. Chissà, magari in primavera, con la bagarre salvezza in corso, i loro veterani potrebbero pagare dazio alla condizione fisica, per questo abbiamo bisogno di crescere anche sotto il profilo tecnico. Anche perchè siamo ancora un po´ imballati sotto l´aspetto mentale». Intanto, però, il lavoro del tecnico Diego Zanin qualche frutto lo ha già portato. Successo a parte. «È freddo, non si scompone, ma incita molto la squadra. E sa ascoltare, più che me i suoi collaboratori. Mi fa piacere che abbia apprezzato gli sforzi della società, ma è il mio dovere quello di metterlo in condizione di poter lavorare sempre bene». L´unica ruga in un lunedì mai così disteso è il futuro, di cui non v´è mai certezza. «Soprattutto se non si rafforzano le fondamenta della società. Ho grande passione, ma debbo pensare a un Altovicentino anche senza di me. Servono altri dirigenti di spessore economico, da solo farei solo un tratto di strada, importante ma limitato».