Padova, Parlato traccia il bilancio di fine anno: “Manca la ciliegina sulla torta per arrivare al giro di boa. E il motto ‘rabbia, sudore e dignità’…”

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Fonte: Gazzettino, Pierpaolo Spettoli

Carmine Parlato, Padova primo con cinque punti di vantaggio sull’Altovicentino in attesa dello scontro diretto che chiude il girone d’andata. Un bilancio fino a qui?
«Manca la ciliegina sulla torta per arrivare al giro di boa. Ma possiamo dire che il campionato è abbastanza equilibrato per dieci-dodici squadre, mentre le altre che sono di un buon livello fanno un campionato a parte. Anche se il girone di ritorno sarà totalmente diverso».

Che voto darebbe alla stagione biancoscudata?
«Non mi piace dare voti. Preferisco sottolineare che tutte le componenti hanno funzionato molto bene: dal rendimento della squadra, alla società che ci è stata sempre vicina e a un pubblico che ha fatto la differenza sin dall’inizio nel darci il via all’insegna del “crediamoci e ripartiamo”».

A proposito dei tifosi, cosa si sente dire a loro?
«Al di là del fare gli auguri, spero vivamente che nell’anno nuovo sia noi e sia loro possiamo coronare il desiderio di arrivare all’obiettivo, e non vado oltre».

Si aspettava un seguito del genere del popolo biancoscudato?
«All’inizio c’era anche l’idea di giocare all’Appiani che può tenere 999 persone. Qualcuno diceva “sì, forse vengono”, qualcun altro diceva “non ce la facciamo lì”. Abbiamo fatto la scelta giusta perché volevo vedere dove mettevamo oggi i nostri 3.500 abbonati. Se facciamo un raffronto tra tifosi e squadra stravincono loro, anche se stiamo ottenendo ottimi risultati sul campo. E sarà così anche per i prossimi due-tre anni se continua questa loro passione, perché non so quante piazze in Lega Pro e anche in serie B possano contare sull’appoggio di cinque-sei mila persone. Oltre a collaborare con la società, danno un sostegno a crederci senza mollare mai. Il motto “rabbia, sudore e dignità” va portato avanti: la rabbia per quello che è stato tolto, il sudore per ripartire, la dignità vuol dire rispettare se stessi».

Ripercorrendo l’avventura biancoscudata, quale è stato il momento più difficile?
«Il primo mese è stato tremendamente duro. La mia idea era di plasmare intanto un undici di giocatori, non una rosa, e dare continuità a quello. Con tutte le difficoltà che c’erano. Poi sicuramente a livello umano non è stato bello dover comunicare a qualche giovane che non faceva parte del Padova, però bisognava fare delle scelte».

La partita che le ha dato più soddisfazione?
«Spero che debba ancora arrivare. Sono state tutte buone, ma andiamo alla ricerca di quella bella, bella, bella».

Magari già domenica 4 gennaio nello scontro diretto.
«È una partita importante come le altre, ma si può finalmente dire che l’attesa è finita. Bisogna prepararla in maniera equilibrata e determinata. Comunque, qualsiasi cosa succederà, il campionato è ancora lungo».

Condivide il pensiero di capitan Cunico che solo una vittoria del Padova sarebbe un segnale importante andando a +8?
«Intanto arriviamo alla partita, poi come sempre le cose bisogna andare a guadagnarsele. Dico solo che stare davanti ti aiuta e al tempo stesso ti snerva, ma di sicuro non voglio mettermi nei panni di chi sta dietro perché se sbagli, è peggio».

Il giocatore che più l’ha sorpresa?
«Sottolineo il rendimento dei giovani. Degrassi e Mezzocco non hanno mai fatto la serie D, Busetto aveva giocato solo poche partite. E giocare nel Padova ha tutto un altro peso. Ma ci tengo a dire che sono stati aiutati molto dalle prestazioni dei vecchi».

Siete il Padova, sentite il peso della responsabilità?
«È una cosa dovuta, dopo che il Padova è finito in una categoria che non gli compete».

Amirante, Ferretti, Zubin e il giovane Pittarello. Come pensa di gestire un attacco del genere?
«Allo stesso modo di come gestisco gli altri reparti, ossia nella coerenza sul campo in termini di continuità e prestazioni, e nella loro disponibilità. Ma su tutto prevale l’obiettivo del gruppo, e sono pronto a mettere la mano sul fuoco per questi ragazzi. Poi, se hai giocatori di una certa levatura è giusto provare a farli giocare insieme, sempre mantenendo equilibrio e raziocinio».




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