Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia
I 41 punti sin qui raccolti certificano che il Padova è la miglior squadra di tutta la Serie D. Nemmeno nei gironi A, B e D, nei quali si sono giocate 18 gare (due in più) ci sono compagini capaci di raggiungere tale soglia. Un merito che va a giocatori, tecnico e società. Ds Fabrizio De Poli, si sarebbe mai aspettato, ad inizio stagione, che la squadra avrebbe raggiunto un simile record? «No, ma ora io e il mister ne siamo orgogliosi. Ammetto che dopo i primi acquisti avessimo già il sentore di star costruendo una buona squadra, essere primi così tanti punti, però, allora era solo un sogno». Ci racconta come fu quel primo mese di costruzione? «Pensate che il primo giocatore a firmare è stato Formigoni che suo malgrado non ha lasciato il segno, ma subito dopo sono arrivati Segato e Ferretti, due giocatori che per la categoria rappresentavano già un ottimo inizio. Però ci serviva una personalità importante in mezzo al campo…». Ed è per questo che è arrivato Marco Cunico… «Sì, ma la verità è che prima abbiamo cercato di chiudere per Tarantino, l’anno scorso 14 gol con la Lucchese, ma non ci siamo riusciti. È stato allora che abbiamo virato su Cunico: abbiamo puntato su di lui, e da lì in avanti sono arrivati uno dopo l’altro giocatori importanti per la categoria, più i vari Ilari, Petrilli e Aperi che ho avuto il vantaggio di conoscere già da Martina».
Quale ritiene essere stato il suo miglior colpo? «Petkovic, un giocatore che ha un futuro importante davanti a sè. Anche se è giovane è un professionista esemplare, e avere un portiere under che riesce a diventare determinante, in questa categoria è un successo. La sorpresa? «Busetto, assolutamente. E pensare che io l’ho preso quasi per sbaglio». In che senso? «Seguivo Franchetti, un altro terzino del vivaio biancoscudato sulle cui tracce si era messo il Genoa: cercai di strapparglielo, finchè un mio amico procuratore mi chiamò informandomi che c’era un altro terzino, di nome Busetto, seguito sempre dai rossoblù. Feci chiamare lui, diciamo che non è andata affatto male». Un rimpianto? «Cesca, perché è stata una trattativa che se mi avessero lasciato condurre si sarebbe potuta chiudere anche ad agosto». Lasciar partire Tiboni e sostituirlo con Amirante sembra però un colpo da maestro. «Tiboni è un buon giocatore, ma da noi non poteva essere rivalutato: io pensavo che diventasse il vertice alto di questa squadra, ma evidentemente non è nel suo dna. Ci serviva un terminale alto che andasse in guerra con le difese e facesse la differenza in area». Quanti sono, in tutto questo, i meriti dell’allenatore? «Carmine è una garanzia, un ottimo tecnico e una grandissima persona: sceglierlo è stato determinante, soprattutto in virtù della sua conoscenza della categoria».