Este, Bonazzoli: “La maxi-squalifica? Fra tre settimane torno in campo, non vedo l’ora”. Ed il trio Rondon-Lelj-Beghetto fa faville…

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Fonte: Corriere del Veneto, Dimitri Canello/Mattino di Padova, Francesco Vigato

Se dovesse esprimere un desiderio sfregando la lampada di Aladino, Emiliano Bonazzoli non avrebbe dubbi: «Portare l’Este in Lega Pro e giocare un altro anno? Magari, però in questo momento non so nemmeno cosa accadrà domani, figuriamoci se riesco a pensare a quello che potrebbe succedere l’anno prossimo…». Bonazzoli sta scontando la maxisqualifica di dieci giornate che ha fatto parlare e discutere il mondo del calcio. Possibile che uno come lui, che mai si era macchiato in carriera di episodi di intolleranza e meno che mai di razzismo, possa essere caduto nella trappola rivolgendo un epiteto a sfondo di discriminazione razziale al direttore di gara? «Non mi va di tornare su quell’episodio – taglia corto – è stato detto di tutto e di più, ho scontato già otto giornate di squalifica e fra tre settimane tornerò a giocare una partita ufficiale. Sinora non sono mai sceso in campo e mi dispiace. Da un lato mi riempie di orgoglio aver scelto Este, dall’altro è dura stare fuori a guardare. Mi alleno tutti i giorni e vado a seguire anche le partite in trasferta. Non siamo partiti per vincere il campionato come Piacenza o Rimini ma siamo lì: io penso che abbiamo tutti i mezzi per fare un campionato di vertice fino in fondo. Se poi sarà addirittura promozione questo, adesso, nessuno può saperlo». Bonazzoli, intanto, sta studiando per diventare allenatore: «Anche adesso sono a vedere una partita – spiega il centravanti di Asola – l’idea sarebbe quella di proseguire nel mondo del calcio, anche se per adesso penso soltanto a giocare. Però in questo momento è inutile dire altro, godiamoci questo momento e più avanti si vedrà».

Nel rock c’erano i Nirvana, nella lirica i tenori Carreras, Domingo e Pavarotti. In cucina Cracco, Barbieri e Bastianich. Nell’Este, invece, il potere del trio Rondon, Lelj e Beghetto sta fruttando gol e primato solitario nel girone D di serie D. Un primato sicuramente impensato ad inizio stagione e che nasce certamente dallo sportito “cantato” dai tre goleador giallorissi. I tre sono accumunati dal talento e da una prima parte di stagione da protagonisti, ma anche dal dna a strisce biancorosse come la maglia del Vicenza, indossata dai rispettivi papà. Da Toto Rondon a Roberto, da Giuseppe Lelj a Tommaso, da Massimo Beghetto ad Andrea: carriere e personalità quasi agli antipodi, decisive (quelle dei figli) per questo Este che sta stupendo anche, ma non solo, grazie ai loro gol. A volte Tommaso, Riberto e Andrea si alternano, altre marcano il tabellino tutti assieme, come domenica scorsa a Mezzolara. Una vittoria (5-1) che ha legittimato il primato solitario della squadra di Zattarin. Così abbiamo messo Roberto Rondon, Tommado Lelj e Andrea Beghetto uno vicino all’altro, per raccontare e raccontarsi in queste tredici giornate vissute insieme e che hanno fruttato 29 punti e testa della classifica. C’è più consapevolezza o stupore nello spogliatoio dell’Este? Rondon. «Ci eravamo posti l’obiettivo di far bene, ma il primato è qualcosa di eccezionale. Il campionato è ancora lungo, è vero, ma se dopo le prima giornate si diceva “l’Este è primo, va bene, ma siamo solo all’inizio” ora deve vedersela con una capolista vera. Noi, però, a differenza di Correggese, Delta Porto Tolle e Rimini non possiamo sbagliare atteggiamento. Dobbiamo ragionare sempre da squadra provinciale quale siamo. A dicembre tornerà pure Bonazzoli, e sarà la nostra arma in più».

Lelj. «Siamo una squadra costruita bene, con gli uomini giusti al posto giusto. Ci sono giocatori esperti come Bonazzoli, Rubbo e lo stesso Roby che hanno un peso nello spogliatoio. Io, per esempio, sono il capitano, ma secondo me in questa squadra ci sono 4 o 5 giocatori che potrebbero indossare la fascia. E poi abbiamo giovani fortissimi. Non avremo le referenze delle altre big, ma a inizio stagione, in spogliatoio, ci siamo detti delle cose e non vogliamo restino solo parole». Beghetto. «La società ci mette nelle condizioni di dare il massimo. Anche chi sta dietro le quinte, dai preparatori alla dirigenza, dà sempre gli input giusti. I giocatori forti ci sono, ma a differenza di altre squadre che a volte vivono di individualità, siamo tutti amici che non stanno là a guardare nomi o curriculum. Insomma, a essere primo in classifica è il gruppo». Oltre a essere i capocannonieri della squadra (11 gol Rondon, 6 Beghetto e 4 Lelj), in campo vi trovate a meraviglia. Che rapporto c’è tra di voi? Ci sono pregi o difetti che vi riconoscete? R. «Lelj, oltre ad essere il miglior centrocampista della serie D, è un amico. Non chiedetemi un difetto, il capitano non può averne (ride). Anche perché sennò mi lascia a piedi e non mi porta più agli allenamenti. Per quanto riguarda Andrea, penso di non aver mai conosciuto un ragazzo con la sua voglia di arrivare e la mentalità da professionista. E poi ha un modo di calciare il pallone da serie A. Deve solo stare più tranquillo in campo. È un consiglio che gli do spesso». L. «Penso che i pregi del Roby-calciatore siano sotto gli occhi di tutti. È comunque una persona fantastica, buona e sempre pronta a dare una mano. Anche le critiche, o i consigli che dà, sono sempre mirati. L’unico difetto è l’auto: sarebbe ora che la cambiasse».

«Beghetto, invece, è un ragazzo estroso, sempre sul pezzo. Ha un po’ il braccino corto, soprattutto quando si tratta di comprare il cibo per festeggiare con i compagni (ride)». B. «Rondon ti mette sempre la palla sui piedi, dà consigli e si danna l’anima per i compagni. Lo stesso discorso vale per Tommy: è un tamburo, sa quando richiamare all’ordine, quando aumentare il ritmo. Un grande capitano. Ho qualche difficoltà a trovare difetti. Ecco, non sopporto quando mi incolpano per gli scherzi in spogliatoio. Venerdì scorso Rondon ha nascosto vestiti e scarpe a Coraini e ha dato la colpa a me. E Lelj gli dava corda». Siete tutti e tre figli d’arte. Da “Toto” Rondon a Giuseppe Lelj, passando per Massimo Beghetto, quanto c’è dei loro consigli nel vostro approccio alle partite? R. «Sono cresciuto, come si dice spesso, a pane e calcio. Da piccolo andavo allo stadio a vedere le partite del papà. Poi i ruoli si sono invertiti e lui ha iniziato a seguire me: mi ha sempre dato consigli e anche rimproverato». L. «È molto difficile che da papà arrivi un “bravo”. Anzi, molto spesso arrivano critiche. Ecco, mi dice sempre “se puoi scegliere tra provare e non provare, tu prova”. È un insegnamento che porto sempre con me, in campo e nella vita». B. «Papà mi ha trasmesso la voglia di migliorare, la dedizione e la concentrazione».




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