Padova, l’instancabile Busetto: “Faccio parte di un gruppo fantastico, in cui i ‘vecchi’ aiutano sempre noi giovani. E sul ruolo…”

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Fonte: Mattino di Padova, Stefano Volpe

Fabio Busetto è abituato ad andare di corsa, ad avere pazienza, a macinare chilometri. Tutte caratteristiche che l’hanno portato a fare strada nella vita di tutti i giorni e anche sul campo di pallone. La “rivelazione” del momento in casa del Padova è un diciottenne umile e sempre sorridente, che ha saputo aspettare il suo momento, senza abbattersi né gettare la spugna. Ha stretto i denti, percorrendo quotidianamente il lungo tragitto che lo porta da casa al campo di allenamento. Partenza da Pellestrina, dove abita, in bici fino all’imbarco del traghetto. Sbarco a Chioggia, dove inforca l’altra bici lasciata a casa della fidanzata, per percorrere due chilometri e prendere la corriera. Arrivo in stazione a Padova, salita sul tram e quindi a piedi fino al Centro Geremia. «I giorni in cui ci alleniamo la mattina mi sveglio anche alle 5.50 e sono al campo verso le 9. Altrimenti, per arrivare il pomeriggio, parto alle 11.15 e mi mangio un panino per strada. Ormai ci sono abituato». Ma se pensate che la sua giornata finisca con il triplice fischio di Parlato vi sbagliate di grosso.

Il viaggio di ritorno si interrompe a Chioggia, dove Fabio frequenta il quarto anno di istituto tecnico informatico. «La campanella delle serali suona alle 18.30, e alla fine di tutto sono a casa alle 23.30». Mica male, anche se nel corso degli anni il giocatore si è fatto il callo. «Vesto la maglia biancoscudata da quando avevo 11 anni, in precedenza avevo giocato solo un anno a Pellestrina. Ho fatto tutta la trafila delle giovanili, questa casacca la sento cucita addosso e ad essa sono molto legato». L’unica interruzione è arrivata lo scorso gennaio, quando Busetto ha giocato sei mesi in prestito alla Clodiense. «In tutte le formazioni biancoscudate avevo sempre giocato, mentre in Primavera non trovavo spazio, così mi sono avvicinato a casa, fino alla sparizione del Padova 1910 di quest’estate, che mi ha lasciato libero». La chiamata di Molon e De Poli è arrivata il 31 luglio, pochi giorni prima di partire per il ritiro. «Erano le dieci di sera, lo ricordo ancora», rivive quei momenti Fabio. «Ho accettato subito e sono tornato a vestire questi colori». Un inizio difficile, tante panchine, sino all’infortunio di Dionisi, che gli spalanca le porte da titolare. Busetto gioca bene da terzino e si guadagna, a Castelfranco, una maglia da titolare nel ruolo originario di ala.

Anche se domenica a Trento, complice la squalifica di Dionisi, tornerà in difesa. «Io mi adatto al ruolo in cui vuole mettermi il mister, ho ancora tanto da imparare. In carriera ho giocato quasi sempre da esterno alto, posizione in cui riesco a sfruttare la mia dote principale, che è la corsa. Da terzino, comunque, non cambia molto, devo solo correre di più per arrivare in attacco». Com’è cambiata la sua vita in quest’ultimo mese e mezzo in cui si è fatto notare dai tifosi e ha ricevuto un mare di elogi? «Sono sempre lo stesso, credo solo di essermi ambientato sempre meglio, con il passare dei giorni, in questo gruppo fantastico, dove i “vecchi” sono sempre a disposizione di noi giovani. Ho avuto la fortuna di essere messo in campo e ho provato a dare il meglio per ripagare la fiducia del tecnico». La sua vita è un movimento continuo: dove vuole arrivare? «Ai massimi livelli possibili, ma intanto mi concentro nel migliorare tanti aspetti, a partire da tecnica e lettura del gioco». Riesce ad avere un po’ di tempo libero? «Sì e ogni tanto mi piace andare in barca a pescare con papà Mauro e mamma Giovanna».




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