Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia
Leverkusen non è Forte dei Marmi. Le fabbriche chimiche e i colossi farmaceutici non reggono il confronto con il mare azzurro della Versilia. Eppure è lì che Giulio Donati ha trovato la sua dimensione: due sere fa, contro lo Zenit San Pietroburgo, il terzino del Bayer ha realizzato il primo gol in Champions League. Un gol nemmeno immaginato fino a qualche tempo fa, quando la sua carriera sembrava prossima a ricalcare una parabola discendente, come troppo spesso capita a molti giovani calciatori italiani. «Un’emozione bellissima», confessa. Dopo l’esordio con l’Inter, a 19 anni, Donati aveva cominciato a viaggiare: Lecce, Padova, poi a Grosseto la retrocessione in Lega Pro. La sorte ha voluto che proprio allora tra lui e il destino si mettesse l’Europeo Under 21 in Israele: Giulio, sempre in campo, con gli azzurrini arrivò sino in finale. Poi, quella telefonata: «Mi chiamarono l’ultimo giorno dell’Europeo, dicendomi: “Preparati: appena torni in Italia, partiamo per andare in Germania a firmare il nuovo contratto”. A quel punto si era messa sulle mie tracce anche qualche big italiana, l’Inter non aveva intenzione di trattenermi e di fronte a una società come il Bayer, con Rudi Voeller che mi voleva fortemente, non ci pensai su due volte. Hanno creduto in me più che in Italia: qui in Germania è l’intero sistema a funzionare meglio. Da noi servirebbero molti passi in avanti, perché, a parte Juve e Roma, nessun’altra squadra oggi può competere a livello europeo. Le altre devono cambiare strada, se vogliono pensare di potersela giocare. In ogni caso, l’ultima sconfitta della squadra di Garcia non è un dramma: al momento nessuno può reggere il confronto con il Bayern, è di un altro pianeta». I suoi ricordi di Padova? «Un’esperienza bella, avrei potuto rimanere anche l’anno successivo ma Foschi andò via e qualcuno in società non mi ritenne all’altezza. Dal Canto è stato comunque uno dei migliori allenatori che abbia mai incontrato, a livello umano è una persona veramente stupenda, così come il suo vice Daniele Pasa, che mi aiutava a migliorare alla fine di ogni allenamento. Ho letto che è stato esonerato a Venezia, e mi dispiace: gli allenatori nel calcio italiano sono legati ai risultati, non si dà tempo di sviluppare un progetto, e questa è un’altra lezione che dovremmo imparare dai tedeschi».