Fonte: Gazzettno, Pierpaolo Spettoli
Meglio che al Pordenone. Carmine Parlato ha battuto se stesso centrando la settima perla sul campo con il Belluno, dato che l’anno scorso alla guida dei friulani alla settima giornata era stato 0-0 con il Mezzocorona, pareggio poi tramutato in successo per 3-0 a tavolino. «Fa piacere, ma finisce lì. Conta l’obiettivo a fine stagione, non le statistiche». Domenica nel dopo gara il suo volto era al tempo stesso soddisfatto e provato. «È stata una settimana particolare tra l’uscita in Coppa Italia e i soli due giorni per preparare la sfida con il Belluno, senza contare che le defezioni di Segato e Ferretti si sono aggiunte quelle di Dionisi e Thomassen. Concentrazione e applicazione dovevano essere da partita di finale come esigo sempre. E poi dovevo stare attento che si facesse in campo quello che chiedevo. A parte un paio di uscite di Petkovic, non è che loro abbiano creato. C’è stato il contrasto tra Petkovic e Mosca, ma non mi è sembrato che ci fosse rigore». Soddisfazioni le ha avute anche dalla linea verde. «Abbiamo finito la gara con tre ragazzi classe 1996 e altrettanti classe 1995, cosa non da poco per una squadra che sta lassù in classifica. Abbiamo bisogno che i giovani facciano tesoro di queste esperienze». La domenica post Euganeo di Parlato come è proseguita? «Con mia moglie Alessia e le nostre due figlie, Vittoria di dieci anni e Isabella di diciassette. Dopo le partite faccio in modo di tornare alla normalità. A volte magari si parla di come è andata, ma finisce lì. E subentrano le questioni di famiglia, scuola delle figlie inclusa».
In panchina va sempre con i bermuda. Si va verso la stagione più fredda, continuerà a metterle? «Ci sono particolari che porto avanti, poi li cambio anche in base a qualche situazione che capita. A volte ti attacchi a tutto per sperare in qualcosa di positivo, a me aiuta. Spero nel sole fino a maggio (sorride, ndr), altrimenti ci sono vari accorgimenti». All’inizio della sua esperienza biancoscudata si aspettava di arrivare a sette vittorie di fila davanti a seimila tifosi? «Assolutamente no. Quando siamo partiti pensavo al nettissimo ritardo che avevamo, e non al cammino della nostra società e della squadra. Ciò che stiamo facendo è merito di tutti: del mio staff con Marin, Lavezzini e Zancopè, dei magazzinieri Oriano e Luciano, di tutte le persone della sede e della società. Tutti cercano di fare le cose in maniera professionale, e da parte nostra è un motivo in più dare soddisfazioni a loro e al nostro presidente». A proposito di Bergamin padre e figlio e di Bonetto padre e figlio, come va il rapporto con loro? «Bene, bene. Sono persone che nascondono le loro emozioni, ma soffrono come noi in maniera esagerata». Le chiedono qualche spiegazione tecnica? Assolutamente no, c’è grande rispetto dei ruoli. Come ho sempre detto a Bergamin e a Bonetto qualsiasi cosa vogliono chiedermi, vengano da me. È chiaro che il mio primo punto di riferimento è De Poli. Lo devo ringraziare, ha avallato le mie idee con la sua supervisione».
Un giocatore che più l’ha sorpresa? «Non mi è mai piaciuto parlare dei singoli, ma del gruppo. Dico i nostri giovani, anche se devono restare sempre sul pezzo per l’atteggiamento e le nozioni che mettiamo continuamente nella loro testa. Giocare davanti a trecento persone è un conto, farlo davanti a seimila è totalmente diverso». C’è un episodio che le ha fatto capire che poteva essere una stagione esaltante? «No, è troppo presto. Dobbiamo unire tutte le componenti per dare il massimo. D’ora in poi viene il bello e allo stesso tempo il difficile: quando il Padova pareggerà o perderà, farà notizia. Faccio gli scongiuri, ma se succederà e mi auguro il più tardi possibile, non cascherà il mondo. È umano pareggiare una gara o dare merito agli avversari se sono stati più bravi. Però cerchiamo di allontanare i gufi che non vedono l’ora che il Padova perda per dire: adesso arrivano le critiche e vediamo di che pasta sono fatti». I paletti “abbattuti” con foto e parole di tecnico e giocatori del Belluno. Lo rifarebbe? «Lo faccio da molti anni e continuerò a farlo, anche in altri modi. È una cosa goliardica e al tempo stesso motivazionale in funzione di un lavoro fisico. Ma se viene pubblicata mi dà fastidio perché deve rimanere all’interno del mio gruppo. Esigo rispetto del mio lavoro». Oggi i biancoscudati avranno un giorno di riposo in più. «Se lo sono strameritati, è stata una settimana nella quale non abbiamo mai staccato la spina. L’avrei dato anche se non avessimo vinto».