Crac Calcio Padova, tutte le notizie e le indiscrezioni: bonifico di Penocchio a Grassani per saldare il debito. E spunta una lettera…

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(red. – Vi proponiamo gli articoli apparsi oggi su “Corriere del Veneto”, Mattino” e “Gazzettino” relativi al crac del Calcio Padova ed alle indiscrezioni ad esso collegate, così da potervi fare un’idea globale e completa di quanto c’è dietro a questa intricata e spinosa vicenda)

 

(Corriere del Veneto, Nicola Munaro) Sessanta giorni per non morire, per non iscriversi definitivamente all’albo delle società tanto gloriose quanto fallite. Sessanta giorni di possibilità per dire che la società Calcio Padova 1910 c’è ancora, nonostante il copione sia stato esaurito e le luci del palcoscenico già spente. La verità la si saprà solo il 16 gennaio, quando di fronte al giudice fallimentare Caterina Zambotto torneranno gli avvocati Fabio De Blasio e Marco Orizio, legali del Padova e del presidente Diego Penocchio, e il collega Fabrizio Duca firmatario per conto dell’avvocato bolognese Mattia Grassani, dell’istanza di fallimento nei confronti della società di via Rocco da cui Grassani avanza circa 70mila euro. O il Padova salda il debito o fallisce: più o meno questo l’effetto pratico del decreto ingiuntivo presentato dall’avvocato Grassani che ha chiesto anche il pignoramento di coppe e trofei della società. L’udienza di ieri però non ha portato ad un nulla di fatto grazie alla mossa giocata dai legali di Penocchio, che giovedì hanno presentato il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo «in bianco» nei confronti di un centinaio di creditori, tra cui anche Grassani: un’iniziativa che ha permesso al «vecchio» Padova di tirare una boccata d’ossigeno. Il futuro del Padova ora è tracciato.

Oggi, al più tardi lunedì, il giudice nominerà un commissario giudiziale che — lo prevede la legge fallimentare — vigilerà sull’operato del Padova nei prossimi due mesi, la forchetta di tempo concessa alla società — non più iscritta a nessun campionato ma di fatto ancora esistente — di preparare tutti i documenti e le carte per il piano di rientro dei debiti, da presentare alla nuova udienza di gennaio davanti al tribunale fallimentare. Sarà quella la sede in cui si deciderà se il programma stilato possa permettere al Padova di restituire ai creditori una percentuale del monte debiti accumulato durante le gestioni Penocchio e Cestaro (circa 10 milioni di euro), evitando così una sentenza di fallimento. In ogni caso il Padova si sarebbe già mosso giovedì pomeriggio, quasi in contemporanea con la richiesta di concordato preventivo, facendo arrivare un bonifico all’avvocato Grassani: la somma è pari a quella avanzata ma dallo studio del legale bolognese fanno sapere che la transazione non è ancora avvenuta (c’è solo la comunicazione della movimentazione bancaria) e si attende il completamento dell’iter. Ieri, per altro, non si è discussa solo l’istanza presentata dall’avvocato Grassani ma alla presenza del pm Peraro (titolare dell’inchiesta che vede indagati Penocchio e l’ex amministratore delegato Andrea Valentini) ha avuto il suo spazio una seconda istanza fallimentare, quella di una società di brokeraggio assicurativo che avanzerebbe soldi dal vecchio Biancoscudo.

 

(Corriere del Veneto, Roberta Polese) Prendere tempo e raccogliere soldi. Questo, in sostanza, l’obiettivo del concordato preventivo depositato ieri dai legali di Diego Penocchio. Il documento, «tradotto», dice questo: si sta elaborando un piano per il rientro, nel frattempo però i creditori devono restare in attesa. Il buco? Circa 10 milioni di euro. Ma i giochi non sono così facili e Diego Penocchio, Andrea Valentini (già indagati per ostacolo alle autorità di pubblica vigilanza) lo sanno bene. Lo sa anche Marcello Cestaro, ex patron della squadra. Quali sono gli scenari che si possono aprire? Ieri c’era anche il pm Marco Peraro, il magistrato che segue l’inchiesta sul Calcio Padova. Visti gli atti acquisiti nel corso delle perquisizioni e gli elementi raccolti nei mesi scorsi, potrebbe chiedere lui stesso il fallimento del club. E allora si passerebbe ad esaminare le carte, che sembrano parlare chiaro: qualcuno ha prelevato soldi che non doveva prendere (Cestaro), qualcun altro se ne è accorto troppo tardi e nel frattempo ha effettuato spese in modo poco accorto (Penocchio). Questo è quanto emerge: il 25 giugno 2013 l’Agenzia delle entrate versa sul conto del Calcio Padova 3 milioni 200mila euro di Iva dovuta alla società.

Il giorno dopo Marcello Cestaro preleva dai fondi del Calcio Padova oltre 4 milioni di euro a titolo di rimborso finanziamento soci. Il tutto senza la deliberazione del Cda. Qualche giorno dopo la società passa a Penocchio, che però si accorge dell’ammanco solo nella primavera successiva. E nel frattempo anche lui avrebbe fatto spese che non avrebbe potuto sostenere. Ecco quindi che per Cestaro e Penocchio si potrebbe ipotizzare un’indagine per bancarotta fraudolenta, così come per Andrea Valentini. Ma al momento si tratta, appunto, solo di ipotesi. Intanto il Nucleo tributario della Finanza di Padova qualche giorno fa è stato alla GSport di Montichiari, la società concessionaria di pubblicità per il Calcio Padova. I militari delle Fiamme Gialle hanno sequestrato documenti relativi ai contratti preliminari di compravendita della società e delle sponsorizzazioni del marchio Famila. Nulla di penalmente rilevante è comunque emerso: Italo e Alessandro Giacomini non sono indagati, anzi, la società di Montichiari avrebbe rinunciato a riscuotere pagamenti proprio per le difficoltà del club biancoscudato. E anche l’ipotesi che la GSport fosse il «socio occulto» di Penocchio sta perdendo progressivamente peso.

 

(Mattino di Padova, Stefano Edel) Adesso rischiano grosso. Perché se la Procura della Repubblica dovesse presentare al Tribunale la richiesta di fallimento, che si aggiungerebbe all’istanza pre-fallimentare dell’avvocato bolognese Mattia Grassani, la situazione si farebbe pesantissima per Marcello Cestaro, Diego Penocchio e Andrea Valentini, i legali rappresentanti del Calcio Padova 1910 prima e dopo la cessione della società biancoscudata, avvenuta a fine giugno 2013. Non poteva passare inosservata ieri mattina, infatti, la presenza, nella stanza del giudice della I Sezione a Palazzo di Giustizia (quella fallimentare, appunto) Caterina Zambotto, del sostituto procuratore Marco Peraro, a cui è stata affidata l’inchiesta penale avviata ad aprile dal collega Benedetto Roberti sulle commistioni fra la Spa di viale Rocco e il Parma, e che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex patron e dell’ex a.d., accusati di aver violato l’articolo 2638 del codice di procedura civile («essere stati di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza»). Osservatore molto interessato a capire come si sarebbero comportati i legali di Penocchio, i quali, a conferma delle indiscrezioni della vigilia, hanno messo nero su bianco l’unica strategia possibile per evitare il crac: un ricorso per l’ammissione alla procedura del concordato preventivo (in bianco). Tentativo evidente di consentire al loro assistito – ma in realtà ai due ex soci, visto che Cestaro è uscito definitivamente dalla compagine azionaria solo il 31 dicembre 2013, e all’ex amministratore delegato – di prendere tempo e cercare un accordo con gli oltre cento creditori del vecchio Padova.

L’ammissione alla procedura non significa automaticamente accettazione del concordato: il giudice ha concesso 60 giorni per presentare il piano di rientro, anche se, come scrivono gli avvocati nel documento di 6 pagine presentato al Tribunale, «la società versa oggi purtroppo in stato di crisi» ed è «di fatto inattiva, avendo in particolare ultimato le procedure per il licenziamento dei dipendenti, mantenendo in essere unicamente due rapporti di lavoro essenziali alla prosecuzione delle attività di carattere amministrativo». Insomma, non ci sono soldi in cassa e riesce assai difficile capire su quali basi e con quali tempi l’imprenditore bresciano si muoverà nei confronti dei tanti soggetti che avanzano soldi. Il Pm Peraro, dunque, ha potuto rendersi pienamente conto di quale sia lo stato economico-patrimoniale di un club che è, sì, affiliato alla Federcalcio, ma che non è iscritto ad alcun campionato. Il deficit accertato, dopo il blitz delle Fiamme Gialle del 5 giugno scorso in varie sedi, fra Padova, Abano, Castegnato, Carpenedolo e Collecchio, ammonterebbe ad oltre 10 milioni di euro – ma si dice che possa superare i 13 – e comprenderebbe mancati pagamenti dell’Iva, di imposte, di fornitori e degli ex soci. 

Qui è importante tornare ad un anno e 4 mesi fa, ai giorni cruciali della trattativa per la cessione del Padova. L’Agenzia delle Entrate il 25 giugno 2013 pagò un rimborso Iva di 3 milioni e 200 mila euro alla società. Il giorno successivo il cavaliere vicentino li prese tutti, aggiungendoci un altro milione (totale di 4 milioni e 236.148 euro, per l’esattezza), facendolo passare come rimborso finanziamento soci al socio unico Unicomm. Il tutto senza alcuna delibera del Cda dello stesso Calcio Padova. Un’azione del genere non è possibile per legge. Pertanto a Cestaro potrebbe essere contestato il reato di bancarotta fraudolenta (art. 216 della legge fallimentare), che comporta la reclusione da 3 a 10 anni. Stessa accusa verrebbe formulata a Penocchio e Valentini, per la gestione dissennata nella stagione sportiva 2013/14, conclusa con la retrocessione della squadra in Lega Pro (alla quale poi non è stata iscritta). Fra assunzioni particolari (quella della figlia Elisa, con stipendio complessivo di 40.000 euro), spese ingiustificate e acquisto di un paio di Suv in leasing, l’ex patron avrebbe contribuito ad allargare il “buco” finanziario, sino alla cifra indicata in precedenza (oltre 10 milioni). È certo che il Pm Peraro andrà a fondo anche su questo aspetto.

Fra l’altro si è saputo che il 3 luglio scorso, dopo aver scoperto che Cestaro si era autorimborsato quei 4 milioni nel giugno 2013, Penocchio aveva scritto al cavaliere, annunciandogli che entro il 10 dello stesso mese il Calcio Padova avrebbe dovuto pagare all’erario 3 milioni e 350 mila euro, a cui andavano aggiunti i 600 mila della fidejussione per partecipare al campionato della Lega Pro, e precisando che lui quei soldi non li aveva proprio. Una morte (del club) annunciata. In attesa di capire se la Procura presenterà la sua istanza entro fine mese, c’è da registrare il nuovo blitz degli uomini del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza di Padova, diretti dal ten. col. Giovanni Parascandolo. Martedì scorso hanno bussato alla Gsport di Montichiari (Brescia), acquisendo una serie di documenti utili all’inchiesta che stanno conducendo insieme al magistrato: in particolare si tratterebbe dei contratti preliminari di compravendita del Padova e di quelli successivi di sponsorizzazione (il marchio Famila sulle maglie della prima squadra e i cartelloni a bordo campo non solo all’Euganeo, ma anche in altri stadi di A e B).

Dai primi controlli non sarebbe emerso nulla di irregolare, anzi i Giacomini, Italo (padre) e Alessandro (figlio), hanno rinunciato ad un credito maturato nei confronti di Penocchio di qualche centinaio di migliaia di euro. Forse perché si sono sentiti corresponsabili della scelta di averlo presentato a Cestaro come il miglior presidente possibile dopo di lui, capace di guidare la società con competenza? Non lo sapremo mai. Quel che sappiamo ora è che non ci sarebbe stata conferma all’ipotesi, avanzata dagli stessi finanzieri, che i Giacomini fossero “soci occulti”del Padova. Ma gli accertamenti sono ancora in corso. I due, comunque, non sono indagati. La discussione sull’istanza di Grassani è stata rinviata al 16 gennaio 2015, anche se gli avvocati di Penocchio avrebbero parlato di un bonifico di 51 mila euro accreditato al legale bolognese per quanto rivendica. Bonifico non accompagnato, però, dal Cro bancario (il Codice di riferimento dell’operazione). Infine, a livello di giustizia sportiva, Parma e Padova sarebbero sotto inchiesta da parte della Procura federale per illecito sportivo.

 

(Gazzettino, Luca Ingegneri) Il fallimento del Calcio Padova 1910 è scongiurato. Almeno per i prossimi due mesi. I legali del presidente Diego Penocchio hanno depositato alla cancelleria del tribunale fallimentare la domanda di ammissione al concordato preventivo “in bianco”. La procedura consente di congelare le azioni dei creditori in attesa della presentazione del cosiddetto piano di ristrutturazione del debito. Ecco perchè il giudice Caterina Zambotto non ha potuto dare corso alle istanze presentate dall’avvocato bolognese Mattia Grassani e da una società padovana di brokeraggio assicurativo, i primi a rivolgersi all’autorità giudiziaria per il recupero delle rispettive spettanze. Il tribunale ha concesso alla società biancoscudata sessanta giorni di tempo per predisporre il piano economico finanziario di rientro dei debiti, cui stanno lavorando i legali dello studio legale bresciano Zaglio-Orizio, con l’ausilio dell’advisor Riccardo Alloisio. A vigilare sulla corretta attuazione della procedura sarà il commissario giudiziale, la cui nomina è attesa entro lunedì. Sul documento contabile dovrà poi esprimersi il tribunale fallimentare in composizione collegiale. I giudici dovranno in altre parole verificare se il Calcio Padova 1910 è nelle condizioni di soddisfare, e in che misura, le pretese risarcitorie di un folto stuolo di creditori.

Penocchio sta lavorando per realizzare un’impresa oggettivamente disperata, a fronte di un buco che si aggirerebbe sui 14-15 milioni di euro. Molto dipenderà evidentemente dal contributo economico che l’ex patron Marcello Cestaro metterà a disposizione del suo successore. I due sono perfettamente consapevoli del rischio che stanno correndo. Dalle indagini della Guardia di finanza sarebbero emerse condotte penalmente rilevanti, con il rischio di incriminazione per bancarotta fraudolenta. Per il momento la Procura della Repubblica attende gli eventi. Il sostituto Marco Peraro, titolare dell’indagine condotta dagli uomini della tributaria, ha partecipato all’udienza davanti al giudice fallimentare. Ma ha escluso iniziative a breve termine. La Procura potrebbe chiedere anch’essa il fallimento della società ma una decisione in tal senso verrà presa soltanto all’esito della procedura di ammissione al concordato preventivo. La società biancoscudata sta comunque provando a turare qualche falla. Innanzitutto cercando di azzerare la prima istanza di fallimento. Ieri ha fatto pervenire allo studio legale Grassani una contabile di bonifico dell’importo di circa 70mila euro. È il documento che annuncia l’imminente trasferimento del denaro sul conto dell’avvocato bolognese. Entro due o tre giorni si saprà se la transazione è andata a buon fine.

 

(Gazzettino, Marco Aldighieri) Le indagini sul “vecchio” Calcio Padova targato Diego Penocchio continuano. Meglio, non si sono mai fermate e pochi giorni fa sono culminate con la perquisizione delle Fiamme gialle della sede della Gsport Srl di via Mercanti a Montichiari in provincia di Brescia. L’azienda specializzata nel marketing sportivo, che di fatto ha messo in contatto Marcello Cestaro con Diego Penocchio per la cessione del Calcio Padova dall’imprenditore vicentino a quello bresciano. E la Guardia di Finanza ha voluto vederci chiaro. Soprattutto perchè si è sempre vociferato che la Gsport fosse la reale proprietaria del Calcio Padova e Penocchio solo una testa di “legno”. I militari del Nucleo di polizia tributaria hanno perquisito tutti gli uffici dell’azienda di marketing e sponsorizzazioni sportive e sono stati sequestrati diversi documenti cartacei. Faldoni inerenti all’acquisto del Calcio Padova da parte di Penocchio. In realtà, al momento, i titolari, padre e figlio Italo e Alessandro Giacomini, non sono iscritti nel registro degli indagati. Alla Finanza, per ora, non risulta per nulla che la Gsport fosse la reale proprietaria occulta del Calcio Padova. Anzi è emerso un nuovo particolare. Padre e figlio avrebbero raccontato alle Fiamme gialle che si sentivano in colpa per avere presentato a Marcello Cestaro, con cui hanno sempre avuto un rapporto di stima e amicizia, Diego Penocchio che sarebbe risultato non all’altezza della situazione.

E in effetti anche la Guardia di Finanza avrebbe appurato che Penocchio ha avuto una conduzione dissennata della società Calcio Padova, assumendo personale e procurandosi grosse auto in leasing quando il club era in evidenti difficoltà economiche. Così padre e figlio Giacomini, per non infierire sulla società biancoscudata, hanno evitato di riscuotere un credito di centinaia di migliaia di euro maturato proprio con Diego Penocchio. E poi l’imprenditore bresciano sapeva in che stato versava il club di viale Nereo Rocco. Tanto che il 3 luglio scorso ha scritto una lettera alla Unicomm di Marcello Cestaro, affermando che alla società mancavano 3 milioni e 350 mila euro come quota per il pagamento dei contributi di dipendenti e calciatori, e 600 mila euro come fideiussione per l’iscrizione della prima squadra al campionato di Lega Pro. Esattamente, sempre secondo Penocchio, i soldi che Marcello Cestaro si sarebbe intascato il 26 giugno del 2013. Esattamente due giorni prima di cedere la società a Penocchio. Il 25 giugno infatti al club sono arrivati dall’Agenzia delle entrate tre milioni e 200 mila euro. Cestaro, secondo Penocchio, senza il consenso del Cda si è preso gli oltre tre milioni, più un altro milione. E di questa operazione Penocchio se ne sarebbe accorto solo la scorsa primavera.




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