Padova, Parlato: “Questo pubblico fantastico ci invita ad attaccare, segnare e vincere. Ma mi dà fastidio prendere così tanti gol…”

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Fonte: Mattino di Padova, Stefano Volpe

Sette vittorie su sette gare ufficiali disputate, la media di tre gol a partita realizzati in campionato, un centravanti come “El Rulo” Ferretti che segna più di una rete a gara. È un Padova dei record in quest’inizio di stagione. Ma la definizione non piace troppo a Carmine Parlato, che fa un sorriso ma invita tutti a non esagerare. Anche se, facendo tutti gli scongiuri del caso, l’avvio formidabile dei Biancoscudati somiglia molto alla partenza del “suo” Pordenone della scorsa stagione, capace di vincere le prime 10 gare consecutive in campionato (anche se in mezzo a questo filotto ci fu un pareggio con il Mezzocorona, poi trasformato in successo a tavolino), prima di perdere l’imbattibilità proprio sul campo del Tamai, l’ultimo avversario sconfitto da Cunico & C. «Non si possono paragonare queste due strisce vincenti», spiega Parlato. «Innanzitutto perché la scorsa stagione fui chiamato a guidare il Pordenone a fine maggio. Usufruimmo di quasi due mesi per costruire con calma la squadra. Scegliemmo i giocatori prima dell’inizio del ritiro, il tutto mirato a creare una rosa che potesse vincere il torneo, in un ambiente ormai abituato a questa categoria. Erano anni che il Pordenone cercava di salire, ma spesso si era fermato ai playoff. Questo Padova è tutta un’altra storia».

È per questo che lei stesso, dopo la vittoria di domenica, ha ammesso che non si aspettava una partenza del genere? «Sapevo che c’erano i presupposti per far bene, ma iniziando tutto con grande ritardo nessuno poteva immaginare come avrebbe preso il via la stagione. Una squadra assemblata da zero, una piazza che si ritrovava per la prima volta in serie D. Nessuno aveva idea di come si sarebbe calato l’ambiente in questa nuova realtà. Mi auguravo di partire bene e così è stato, anche se ancora non abbiamo fatto niente». C’è una differenza sostanziale tra il Pordenone dello scorso anno e questo Padova: la difesa. I “Ramarri” subirono appena due gol nelle prime dieci giornate, mentre i biancoscudati ne prendono uno a partita. «Mi dà fastidio ed è l’aspetto sul quale voglio lavorare maggiormente in questi giorni. In Friuli avevo una squadra basata su un centrocampo a tre, che faceva della forza la propria arma migliore. Qui, invece, ho pensato fosse opportuno plasmare la squadra secondo un 4-2-3-1 che calza bene con le caratteristiche dei miei giocatori e che, almeno fino al primo tempo di Tamai, ha dato ottimi frutti».

Il rovescio della medaglia è in effetti un attacco che segna a tamburo battente, con qualsiasi disposizione tattica e con qualunque giocatore in campo. Due gol di media in Coppa, tre in campionato. E il segreto non è solo nel modulo. «Siamo trascinati da un pubblico fantastico, che ad ogni partita e a ogni momento dell’incontro ci incita ad andare avanti. La squadra come ha il pallone tra i piedi guarda la porta e vuole andare a fare gol. È sempre stato così. Basti pensare che a Tamai negli ultimi minuti ho inserito un difensore, Thomassen, per un attaccante, Ilari. Proprio per dare l’input che, a quel punto, dovevamo pensare solo a portare a casa il 3-2. Ma questa voglia di attaccare, vincere e segnare è un ottimo segnale. Per ora tutti i giocatori stanno mettendo in campo quella fame di vittorie che ho anche io». A quando il primo bilancio? «L’obiettivo è vincere più gare possibile nel girone d’andata, poi a gennaio vedremo dove saremo e tireremo le prime somme».




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